Le persone che hanno partecipato

Stefano Rolando

Stefano Rolando

Nato a Milano nel 1948, Laureato in Scienze Politiche all’Università degli Studi di Milano e specializzato in Pianificazione e analisi strategica alla Scuola di Direzione Aziendale della Bocconi. Con specializzazione Ceses anche in Economia e politica internazionale.

Professore universitario (raggruppamento di Economia e gestione dell’impresa), dal 2001 di ruolo alla Università IULM di Milano, nel cui ambito è pro-rettore per i rapporti istituzionali e dirige la Fondazione (ricerca applicata e formazione continua con soci i maggiori soggetti istituzionali e associativi del territorio), con alle spalle una articolata carriera di manager nelle istituzioni (Presidenza del Consiglio dei Ministri e sistema regionale) e nelle imprese (Rai, Olivetti e Istituto Luce).
Giornalista (iscritto all’Ordine dal 1970), scrittore e saggista (con vasta saggistica professionale dedicata ad economia della conoscenza, comunicazione, media, branding e un recente sviluppo di scrittura sui temi dell’identità e della memoria).
E’ tra i riconosciuti esperti in Europa di comunicazione pubblica e di pubblica utilità e di branding pubblico.
E’ rappresentante italiano nel comitato scientifico dell’Unesco (per la programmazione culturale e scientifica nell’area dell’Europa continentale e del Mediterraneo) con presidio del settore “comunicazione”.
Ha attivato studi e ricerche in materia di identità nazionale e identità europea. E’ membro del Consiglio Superiore delle Comunicazioni.Dirige l’Osservatorio ITRO sulle relazioni Italia-Romania (presso Fondazione IULM in collaborazione con i Ministeri degli Esteri dei due paesi e l’associazione degli imprenditori italiani in Romania). Vive e lavora tra Milano e Roma.
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Ha partecipato a:

Convergenze tra comunicazione di impresa e comunicazione pubblica

Fiera di Roma | Roma, 19 Maggio, 2010 | 15:00

Le pubbliche amministrazioni e la loro architettura comunicativa. Una realtà disuguale. Chi svolge funzioni preliminari, chi più avanzate, chi  strategiche per sé e per la società.

Guardando ad esperienze internazionali si tratta di una architettura a più piani:

  • il piano terra per svolgere servizi di comunicazione elementare e anagrafica (chi sono, dove sto, che competenze tratto);
  • il primo piano costituito dal front line (in Italia quello concepito dalle norme degli anni ’90 e dalla legge 150/2000); servizi puntuali, accesso e accompagnamento alla fruizione di atti e norme; in rete e in realtà fisiche;
  • il secondo piano costituito (poco in Italia) dal presidio pubblico ai processi di democrazia partecipativa, ovvero la gestione procedurale del “dibattito pubblico” in cui il cittadino, in forme associative, interagisce con le istituzioni prima delle decisioni, su temi di interesse generale e nei processi de jure condendo;
  • il terzo piano costituito – in un quadro culturale che permea più le imprese che le istituzioni – dalla gestione dinamica del patrimonio simbolico accumulato ed espresso da ogni singola istituzione in rapporto al suo territorio e alle sue competenze (branding).

Un programma per discutere con sguardo trasversale questo schema. L’asse verticale è logico, interattivo, influenza reciprocamente i piani. Non è difficile dire che lo “schema compiuto” è esperienza rara nelle amministrazioni italiane. Ma non assente. Dipende da come sistema economico e soggetti pubblici convergono sulla utilità di indagare le sinergie necessarie per fare comunicazione di pubblica utilità.

Non sprecare la crisi. Gli interessi in presa diretta

Fiera di Roma | Roma, 17 Maggio, 2010 | 15:00

Il tema della crisi è avvolto da un velo tanto trasparente quanto fortissimo: come raccontarla?

Esso riguarda la politica,le istituzioni, le imprese, le associazioni, gli ambiti della formazione e naturalmente i media. A ricasco riguarda cittadini, operatori, consulenti.

Vivere dentro una “bolla” (una condizione oscura che ci avvolge nel tempo) per alcuni è vincolo, per altri alibi, per altri ancora opportunità. Ciò spiega già che la crisi non è a senso unico. Rappresentarla vuol dire varie cose difficili: spiegarla (immenso tema), riconoscerla (immensa capacità), individuarne la curva di percorso, non solo in ordine agli indici “semplici” (PIL) ma anche in ordine agli indici “complessi” (trasformazioni strutturali, riforme necessarie, in una parola governance). Governo, opposizioni e voci terze non sempre trovano – sui media e nel rapporto diretto con i cittadini  - il giusto punto di equilibrio per dire,spiegare, sollecitare, accompagnare, responsabilizzare.

A questo tema è dedicato nel 2010 o spazio di “interviste in pubblico” che da tre anni rappresenta a ForumPA un’area che cerca argomenti di interesse per gli operatori non rappresentando l’interesse di parti.

Non sprecare la crisi. Il governo dello sviluppo PER MOTIVI ORGANIZZATIVI LA PRESENTE INTERVISTA NON AVRA' LUOGO. CI SCUSIAMO PER IL DISAGIO.

Fiera di Roma | Roma, 18 Maggio, 2010 | 15:00

Il tema della crisi è avvolto da un velo tanto trasparente quanto fortissimo: come raccontarla?

Esso riguarda la politica,le istituzioni, le imprese, le associazioni, gli ambiti della formazione e naturalmente i media. A ricasco riguarda cittadini, operatori, consulenti.

Vivere dentro una “bolla” (una condizione oscura che ci avvolge nel tempo) per alcuni è vincolo, per altri alibi, per altri ancora opportunità. Ciò spiega già che la crisi non è a senso unico. Rappresentarla vuol dire varie cose difficili: spiegarla (immenso tema), riconoscerla (immensa capacità), individuarne la curva di percorso, non solo in ordine agli indici “semplici” (PIL) ma anche in ordine agli indici “complessi” (trasformazioni strutturali, riforme necessarie, in una parola governance). Governo, opposizioni e voci terze non sempre trovano – sui media e nel rapporto diretto con i cittadini  - il giusto punto di equilibrio per dire,spiegare, sollecitare, accompagnare, responsabilizzare.

A questo tema è dedicato nel 2010 o spazio di “interviste in pubblico” che da tre anni rappresenta a ForumPA un’area che cerca argomenti di interesse per gli operatori non rappresentando l’interesse di parti.

Non sprecare la crisi. La PA come management

Fiera di Roma | Roma, 19 Maggio, 2010 | 10:00

La pubblica amministrazione italiana – Stato, Regioni, Enti locali – è parte del processo di contenimento e uscita dalla crisi in quanto ambito dell’adattamento normativo e della gestione dell’apparato pubblico (presidio istituzionale e servizi).

Questa stessa affermazione è in realtà una domanda. Domanda che viene rivolta ad un panel interessante e articolato – per competenze, per contesti, per profili professionali – che rivela un nuovo volto del management pubblico italiano.

La questione si inquadra:

  • in un tema antico (la PA italiana assume un profilo di capacità e responsabilità per essere considerata “classe dirigente”?);
  • e apre riflessioni su un tema decisivo nell’attualità ( essa ha autonomia di proposta e di iniziativa così da assicurare una mediazione indispensabile tra le istanze della politiche e le attese della società e quindi dei cittadini e delle imprese? ).
     

Nel trattamento del colloquio altri tre  nodi:

  • economia e tecnologia costituiscono due snodi dell’approccio moderno alla governabilità che le culture tradizionali della PA (diritto e contabilità) vedevano marginalmente; il riequilibrio è in atto o – nei loro contesti di riferimento – si può dire consolidato?
  • i processi formativi che si stanno determinando nelle loro filiere di competenze ( dunque rispetto ai loro collaboratori ) fino a che punto subiscono vecchi contenuti e fino a che punto tengono conto della strumentazione tecnica e culturale per lo sviluppo della capacità competitiva?
  • esiste oggi un dossier “valutazione” che si colloca nell’esperienza professionale dei partecipanti in modo concreto ( su di loro e sui processi che loro stessi gestiscono ) non in forma retorica o in chiave limitata all’integrazione salariale?

La statistica come risorsa

Fiera di Roma | Roma, 18 Maggio, 2010 | 10:00

Se mai vi è stato un periodo storico in cui è palese l’imprescindibilità dei “dati” sia nelle culture di governo che nelle culture, in generale, della democrazia e dell’informazione, ebbene esso appare proprio quello che ci sta scorrendo sotto gli occhi. I fuochi di artificio che hanno costellato il crollo finanziario della Grecia sono stati (e sono tuttora) trapuntati da cifre. Come sempre trattate con un misto di allarmismo e trascuratezza – che ne fa una miscela di inquietudine per definizione – perché in un paese davvero attrezzato contro le crisi e per la gestione partecipata della competitività non è solo la statistica ufficiale a dover essere all’altezza dell’elaborazione dei dati. Anche il ceto politico, gli apparati istituzionali, l’impresa e il suo sistema associativo, i media e il sistema educativo debbono avere strumenti, magari minimi ma metodologicamente corretti, per valutare, interpretare, discutere la statistica. Condizione per capire e reagire al tempo stesso.

Il nostro resta purtroppo un paese in cui alla fine di una manifestazione politica popolare è possibile che tra gli organizzatori (per altro espressione di forze al governo) e le istituzioni preposte all’ordine pubblico (per altro parte dell’apparato di governo) la stima dei partecipanti vari da uno a dieci. Quando questa forbice (forbice percettiva, di analisi e di dimensionamento delle scelte, ma anche di adattamento della statistica al consenso) si applica a materie da cui dipende la vita della gente, insieme a riparto della spesa, copertura delle leggi, scenaristica sociale e demografica, eccetera, si può capire che la forbice emblematica di cui si parla è quella tra la modernità e il medioevo (che per la verità essendo assistito da maggiore religiosità diffusa almeno contava sulla proiezione nella realtà della predizione dei sacri testi, cosa oggi smarrita). Tre sostanzialmente i profili di assoluta centralità della statistica nel campo dei nuovi equilibri tra istituzioni e società:

  • la qualità delle rilevazioni (metodologia, ampiezza, profondità);
  • la trasparenza e l’indipendenza del trattamento degli esiti statistici;
  • l’innovazione e l’efficacia di “racconto” di tali esiti (che comporta anche relazione con il sistema educativo e formativo – anche della classe dirigente - e con il sistema mediatico).

Una trasversalità scientifica e operativa che rende il tema centrale anche nel disegno dei binari di discussione a favore della nostra Pubblica Amministrazione che ForumPA affronta annualmente nel suo evento nazionale e che ha indotto ad invitare ad una delle “intervista a scena aperta” il presidente dell’Istat  Enrico Giovannini che ha accettato di buon grado e che discuterà questa tematica martedì 18 maggio dal 10 alle 12.30 inSala Almaviva.

Enrico Giovannini – professore ordinario di Statistica all’Università “Tor Vergata” a Roma –  è personalità di rilievo internazionale. E’ stato a capo dell’area statistica dell’OCSE dal 2001 al 2009, dove ha rivoluzionato molti dei parametri che si riferiscono ai tre profili prima indicati, in un’organizzazione internazionale che dipende largamente dalla potenzialità del suo stesso trattamento dei dati. Ma al di là delle capacità tecnico-professionali, vi è nel suo approccio anche un interessante contenuto civile che lo rende sensibile ai territori di confine della statistica (tutto) e alla specificità comunicativa dei dati (che è la nuova costituzione culturale della comunicazione pubblica). Ne è stato un esempio, nel 2004, il primo Forum Mondiale su Statistica, Conoscenza e Politica, da lui organizzato, a partire dal quale ha lanciato un progetto di ricerca globale sulla Misurazione del progresso delle società, condotto dall'OCSE in collaborazione con la Commissione Europea, la Banca Mondiale e le Nazioni Unite. E’ in questo ambito che si colloca l’approccio della commissione presieduta dall’economista americano Joseph Stiglitz – di cui Enrico Giovannini è parte – per tradurre nella misurazione complessiva dello sviluppo l’intuizione che fu di Robert Kennedy negli anni ’60 che il prodotto lordo non è parametro sufficiente e che va ricercata una nuova parametrazione attorno al concetto di “benessere sociale”.

Presentazione del libro "Comunicazione, poteri e cittadini. Tra propaganda e partecipazione" : una riflessione intorno al nuovo lavoro di Stefano Rolando

Palazzo dei Congressi | Roma, 28 Maggio, 2014 | 12:45

Spazio di espressione sociale, ma anche voce del potere, la comunicazione pubblica ereditata dal secolo scorso è oggi in crisi finanziaria e strategica e chiede un nuovo paradigma che immagini Stato e società in una condizione di rapporto non più verticale e «a una via», ma orizzontale e interattivo. In altri termini, il passaggio da propaganda a partecipazione. Il testo ripercorre le ragioni di questa crisi e si pone alla ricerca di una via di uscita, per l’Italia e per l’Europa, che sappia soddisfare la domanda di un sistema pubblico più relazionale e di servizio. Un percorso che deve tuttavia fare i conti con la debolezza del cambiamento oggettivo delle pubbliche amministrazioni, ancora nelle mani della cultura giuridica del controllo e poco alimentate managerialmente dalla cultura economica dello sviluppo e dalla cultura sociale della relazione. Le riflessioni svolte – in un approccio volutamente vicino alla conversazione – vanno nella prospettiva di una comunicazione pubblica che, per accompagnare i rapporti tra istituzioni e società nel campo sia della solidarietà sia della competitività, non può contare solo su norme, decreti, trovate tecnologiche, ma ha grande bisogno di una formazione diffusa e qualificata che riparta da un ripensamento strutturale del valore della democrazia.

Comunicazione pubblica e empowerment dei cittadini

Roma, 14 Maggio, 2019 | 11:45

Il cambio di paradigma nei rapporti tra cittadini e Pubblica Amministrazione, abilitato dalle innovazioni normative e dalle trasformazioni tecnologiche e mediali, non è più rimandabile. I cittadini devono davvero essere messi al centro di un rinnovamento etico e valoriale della comunicazione delle Istituzioni.

Per l’Italia e per l’Europa, è necessaria una comunicazione pubblica che rafforzi la dimensione della cittadinanza, dei diritti, ne renda effettivo l’esercizio competente, faccia perno sul valore della conoscenza diffusa, del capitale sociale e dell’’attivazione civica. Principi, ambiti, finalità della Legge 150/2000 rimangono saldi anche nella dimensione digitale, multicanale e crossmediale, trovano nelle piattaforme sociali e civiche un terreno di dispiegamento delle specificità di servizio pubblico. Servono competenze, attitudini e professionalità adeguate a una comunicazione pubblica che accolga in modo culturalmente non subalterno e deontologicamente appropriato le sfide della trasformazione digitale, immaginando e abilitando nuove soluzioni e proposte “citizen centred”.

 

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