Le persone che hanno partecipato

Pietro Spirito

Pietro Spirito

Pietro Spirito si è laureato presso l'Università Federico II, ed ha frequentato il Master Unioncamere sulla gestione delle aziende di servizi.

Ha cominciato a lavorare presso l'ufficio studi della Montedison, per poi partecipare alla fondazione dell'Istituto Tagliacarne per gli studi sulla piccola e media impresa. Successivamente è stato assegnato prima in distacco da Unioncamere presso il Ministero dell'Industria.

E' stato componente dell'ufficio studi economici della Consob, ed assistente del Presidente.

Ha iniziato a lavorare presso le Ferrovie dello Stato alla fine del 1988, come assistente dell'amministratore straordinario Mario Schimberni. Per quasi venti anni, sino al 2007, ha partecipato con diversi ruoli di responsabilità al processo di cambiamento del sistema ferroviario nazionale.

E' stato poi direttore generale della Fondazione e del Comitato Telethon. Successivamente è diventato direttore generale dell'Interporto di Bologna , di cui è stato successivamente Presidente.

Tra il 2011 ed il 2015 ha assunto diversi incarichi di responsabilità gestionale in Atac.

Nel 2016 è stato Program Manager per la bonifica e la rigenerazione urbana di Bagnoli per conto di Invitalia.

Dal 5 dicembre 2016 è Presidente dell'Autorità di Sistema Portuale del Tirreno Centrale.

È docente incaricato di Economia dei Trasporti presso l'Università Federico II e professore straordinario di Economia Marittima presso l’Università Pegaso.

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Ha partecipato a:

Le Zone Economiche Speciali come laboratori di innovazione e cambiamento per la PA

Roma, 14 Maggio, 2019 | 16:00

Le Zone Economiche Speciali (ZES) sono state introdotte nell’ordinamento italiano con la legge n. 123/2017 di conversione del decreto-legge n. 91/2017, recante disposizioni urgenti per la crescita economica nel Mezzogiorno (c.d. “Decreto Sud”).

Per ZES la norma intende una zona geograficamente delimitata e chiaramente identificata nell’ambito delle regioni del Sud Italia, costituita anche da aree non  territorialmente  adiacenti  purché presentino un nesso economico  funzionale,  e che comprende almeno un'area portuale collegata alla rete trans-europea dei trasporti (TEN-T).

Analogamente a quanto accade in altri paesi europei ed extra-europei, le aziende già operative e quelle che si insedieranno nella ZES possono usufruire di speciali benefici fiscali e semplificazioni amministrative per stimolare e facilitare l'esercizio di attività economiche e imprenditoriali.

Nonostante alcune difficoltà iniziali nel processo di istituzione e avviamento delle ZES - imputabili prevalentemente al fatto che la riforma ha introdotto uno strumento di politica economica innovativo, specie per il contesto normativo italiano - Governo, Autorità di Sistema Portuale e Amministrazioni regionali rimangono fermamente convinti ed impegnati nell'attuazione della riforma, riconoscendone l’elevato potenziale come strumento per attrarre investimenti e per favorire competitività, crescita e occupazione nel Sud Italia nel suo insieme.

Una delle sfide quindi è definire dei modelli di governance ad hoc che sappiano rispondere ad una duplice esigenza: da un lato, includere le diverse PA coinvolte nella programmazione e gestione della ZES (Ministro per il Sud, Ministero dei Trasporti, Presidenza del Consiglio dei Ministri, Regioni, Autorità di Sistema Portuale, Comuni, Consorzi ASI) per le questioni di propria competenza politica o amministrativa; dall’altro, assumere il concreto funzionamento della ZES come driver e principio guida.

Le esperienze internazionali, difatti, mostrano come la gestione efficace della ZES è uno dei fattori critici per il suo successo e deve intendersi a tutti gli effetti uno dei componenti del pacchetto offerto ai potenziali investitori, al pari di infrastrutture, aree di insediamento, incentivi fiscali e semplificazioni amministrative.

Le ZES quindi non solo possono, ma probabilmente devono essere un “laboratorio” per sperimentare approcci e modelli di gestione pubblica basati sulla collaborazione tra PA, evitando di ridurre la riforma al semplice sfruttamento del "brand" ZES per replicare assetti organizzativi già esistenti e poco adatti alla complessità e alla portata innovativa dello strumento.

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