La riflessione parte dalla convinzione che non esista un modello, una formula generale delle Autorità indipendenti: esistono varie Autorità, ciascuna con la sua ragion d’essere, la sua evoluzione, i suoi pregi e le sue disfunzioni. Sono nate così, ognuna per risolvere problemi diversi, dalla tutela degli utenti di servizi pubblici, alla garanzia della concorrenza, alla protezione del risparmio. Operano con strutture, funzioni e poteri differenti fra loro. Se c’è bisogno di riformare qualcosa, occorre agire guardando soprattutto ai limiti di ogni singola Autorità. Vi possono essere anche rimedi comuni – forse quelli per migliorare le procedure di nomina degli organi di vertice – ma il compito principale del riformatore consiste nell’intervenire là dove questa o quell’Autorità non ha ben funzionato
La diversità è dunque un dato di fondo delle Autorità indipendenti. Ma essa non significa che non vi sia un denominatore comune: quello dato dal valore stesso dell’indipendenza, che è legato al potenziamento dell’esperienza professionale delle amministrazioni pubbliche, alla riduzione delle scelte discrezionali, alla tutela di diritti fondamentali – come quelli dei consumatori e dei risparmiatori –, alla difesa della democrazia economica, all’attenuazione delle disparità fra soggetti deboli e forti, al miglior perseguimento dell’integrazione sopranazionale. È un valore che va preservato.
tratto con modifiche dalla introduzione del libro “Arbitri di mercati” a cura di A.Pajno e M. D'Alberti – I quaderni di Astrid – Il Mulino editore – Bologna - febbraio 2010