Le persone che hanno partecipato

Raffaele Cantone

Raffaele Cantone

Nato a Napoli, cresce a Giuliano. È entrato in magistratura nel 1991. È stato sostituto procuratore presso il tribunale di Napoli fino al 1999, anno in cui è entrato nella Direzione distrettuale antimafia napoletana di cui ha fatto parte fino al 2007. Si è occupato delle indagini sul clan camorristico dei Casalesi, riuscendo ad ottenere la condanna all'ergastolo dei più importanti capi del gruppo. Si è occupato anche delle indagini sulle infiltrazioni dei clan casertani all'estero; in particolare in Scozia. Ha curato il filone di indagini che hanno riguardato gli investimenti del gruppo Zagaria a Parma e a Milano facendo condannare per associazione camorristica un importante immobiliarista di Parma. 

Ha lavorato presso l'Ufficio del Massimario della Suprema Corte di Cassazione.

Il 18 giugno 2013, il Presidente del Consiglio dei Ministri Enrico Letta, lo nomina componente della task force per l'elaborazione di proposte in tema di lotta alla criminalità organizzata.

È presidente onorario del presidio di "Libera" (Associazioni, Nomi e Numeri contro le mafie) di Giugliano, in provincia di Napoli, dedicato a Mena Morlando, vittima innocente di camorra.

Il 27 marzo 2014 il Presidente del Consiglio Matteo Renzi lo nomina Presidente dell'Autorità Nazionale Anticorruzione, nomina confermata dalla commissione affari costituzionali del Senato all'unanimità.

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Ha partecipato a:

Una nuova stagione nel contrasto alla corruzione

Fiera di Roma | Roma, 18 Maggio, 2012 | 10:00

 Adozione di piani anticorruzione, premi e anonimato per chi denuncia reati contro la pubblica amministrazione, sistema di rotazione per i funzionari che lavorano nei settori più a rischio, nuove incompatibilità. Sono queste alcune delle proposte elaborate dalla Commissione per lo studio e l’elaborazione di proposte in tema di trasparenza e prevenzione della corruzione nella pubblica amministrazione. Il convegno metterà in luce il punto di vista della  Commissione che è stata istituita dal ministro per la Pubblica amministrazione, Filippo Patroni Griffi e lo confronterà con il parere di importanti figure che operano in situazioni "a rischio" come i Comuni del Sud e la sanità.

La bellezza salverà pure il mondo, ma riuscirà la "valutazione delle performance" a salvare l'Italia?

Palazzo dei Congressi | Roma, 27 Maggio, 2014 | 15:00

Condurre correttamente la valutazione delle politiche pubbliche e delle prestazioni amministrative, non garantisce l’accettazione politica e culturale dell’informazione valutativa né la sua integrazione nei processi decisionali e di gestione, come esercizio di responsabilità pubblica e incentivo all’apprendimento. Non è neanche realistico attendersi a breve in Italia un cambiamento immediato delle politiche, del merito e delle pratiche amministrative come effetto dei suggerimenti valutativi. La complessità dei processi decisionali non permette di isolare il contributo della valutazione, soprattutto, quando questa è un insieme di approcci, metodi e tecniche attraverso cui si generano informazioni eterogenee (es. monitoraggio, controllo finanziario, misurazione di performance, impatto dei programmi, ecc). Il vero problema è di natura culturale: il politico deve essere aperto a capire come, dove e perché i programmi funzionano o meno e il valutatore (e/o il dirigente), è chiamato a dire la verità al potere - speak truth to power (Wildawsky) - senza ipocrisie retoriche autointeressate a favore dello status quo.

Il ciclo delle performance e la connessa valutazione funzionano se concepiti come una politica, e cioè come una serie di interventi intenzionali (processi, strumenti) per trattare problemi. Il miglioramento della produttività, della qualità e dell’utilità della p.a., che si auspica di ottenere per il Paese con la valutazione, sarà veramente strumento per la crescita e l’innovazione solo se condotto in modo democratico, mobilitando le risorse degli amministratori, dei cittadini e delle imprese.

La valutazione delle performance della P.A. al tempo delle riforme

Roma, 23 Maggio, 2017 | 11:45

La valutazione delle performance della p.a. dopo sette anni dal D.lg. n. 150/2009 è in attesa di avere una nuova dimensione attuativa con la riforma in atto (L. n.124/15). Il ciclo delle performance e la connessa valutazione funzionano se concepiti come una politica, e cioè come una serie di interventi intenzionali (processi, strumenti) per trattare problemi. Le politiche degli ultimi anni sembrano mettere in discussione positivamente gli strumenti utilizzati per valutare il funzionamento della cosa pubblica.

Si tratta di riposizionare questi ultimi alla luce dei problemi reali, posti dall’attuale crisi politica e sociale. I nuovi strumenti che sono in corso di attivazione con la nuova riforma per essere efficaci devono essere inquadrati in una triplice direttiva: della crescita, della democrazia e della legalità trasparente. “Etica” ed “efficienza” devono andare di pari passo per il rinnovamento del sistema pubblico italiano.

Valutare le performance, organizzativa ed individuale, nella prospettiva futura della nuova riforma, non significa certo semplice osservanza di procedure, ma capacità etica di produrre cambiamento in avanti. Il miglioramento della produttività della p.a., che si auspica di ottenere per il Paese, sarà veramente strumento per la crescita solo se condotto in modo democratico, in sussidiarietà orizzontale, mobilitando le risorse degli amministratori, dei cittadini e delle imprese.

LE ISCRIZIONI SONO CHIUSE PER RAGGIUNGIMENTO DEL MASSIMO DELLA CAPIENZA DELLA SALA

Tra i 17 Sustainable Development Goals - strettamente correlati l'uno con l'altro - il focus, in questo evento, sarà sull'obiettivo 16, "Pace, giustizia e istituzioni solide".